Ti siedi su una panchina, accanto a te c’è un libro abbandonato. Non c’è nessuno. Due reazioni: curiosità o indifferenza. Se la curiosità risulta vincitrice, tra le mani sfogli il libro e davanti agli occhi hai un’etichetta con la scritta: “Hai preso un libro itinerante”, una breve spiegazione con tre semplici passi da seguire.
Un insolito incontro – Sempre più di frequente, questa scena si ripete in ogni angolo del mondo: tra le panchine, ai tavoli dei bar, nelle sale d’attesa e anche nei posti meno consueti, che sono testimoni per brevi istanti di uno spettro illimitato di emozioni.
I libri, come qualsiasi bene materiale, si comprano o si vendono, si regalano, vengono persi o rubati; qualche volta, ahimé, perfino buttati. Tuttavia, si possono anche condividere. Se si pensa al loro destino, ci si accorge che molto spesso è quello di rimanere confinati in uno spazio angusto, quasi come elementi decorativi, con i loro contenuti silenziosamente imprigionati all'interno. Sfido a chiunque di dare un’occhiata alla propria libreria. Ci sono libri che amiamo particolarmente, e libri che amiamo meno; libri letti, e altri ancora da leggere; e altri libri ancora, che non leggeremo mai. Tutti, nessuno escluso, possono essere parte di una ormai consolidata iniziativa, mirata a interrompere la loro immobilità dagli scaffali e renderli attivamente condivisibili con il resto del mondo, tracciando e rintracciando il loro cammino attraverso il bookcrossing. Derivato dall’unione di book (libro) e crossing (incrociare) il termine si riferisce alla pratica di lasciare – “liberare” – libri in luoghi pubblici, affinché vengano trovati e quindi letti da altre persone, che a loro volta potranno fare lo stesso.
Origine del BookCrossing – Il bookcrossing nacque formalmente nel 2001. Lo statunitense Ron Hornbaker, prendendo spunto da un sito web che seguiva l’itinerario delle banconote americane, decise di creare il sito www.bookcrossing.com, di cui esistono varie pagine mirror (ovvero versioni in diverse lingue) atte a rintracciare i percorsi dei libri registrati e liberati. L’iniziativa prese il volo velocemente, e si trasformò in un fenomeno di massa che ora sfiora il milione di utenti registrati a livello mondiale (solo in Italia si contano oltre 20.000 iscritti). Il bookcrossing ha ormai guadagnato credito come termine di uso comune, tanto da meritare nel 2004 una voce nel Concise Oxford Dictionary.
Come “liberare” i libri – La pratica si basa su tre concetti fondamentali, le cosiddette 3L: Leggere, Legare, Liberare (dall’inglese le 3R: Read, Register, Release). “Legare” un libro vuol dire dargli un suo codice di identificazione, il BCID (Bookcrossing ID), tramite la sua semplice (e gratuita) registrazione nel sito, dove è possibile commentare il libro per poi liberarlo.
Dove liberarli – L’elenco delle alternative è veramente illimitato: tra i luoghi più comuni ci sono bar, ristoranti, parchi, musei, videoteche, cinema, ospedali, palestre, o qualsiasi altro posto affollato dove le persone possano venirne facilmente a contatto. Attenzione però a non lasciare i libri in luoghi dove gli oggetti incustoditi potrebbero essere considerati un rischio per la sicurezza (ad esempio aeroporti, banche, ecc.). Esistono anche delle zone “controllate” per rilasciare i libri: le OCZ (Official Crossing Zone, ovvero Zona Ufficiale di Scambio), luoghi pubblici in cui viene messo a disposizione uno spazio per depositare e prelevare i libri liberati. Di solito segnalate da un poster o da una locandina del bookcrossing, le OCZ presenti in ogni città italiana si possono individuare su www.bookcrossing-italy.com, nonché mettendosi in contatto con altri bookcorsari e partecipando a una realtà basata sulla buona volontà propria e altrui.
La passione per la lettura, spesso, scatena la voglia di condivisione di un oggetto che racchiude nelle sue pagine emozioni inenarrabili. Il bookcrossing si propone di riscoprire queste emozioni e di mantenere i libri in continuo movimento, alla caccia di avidi lettori che possano dare loro il merito di essere trovati.
Laura Póvoa Tintori
WeStyle n.2, marzo 2011, supplemento a WeWrite, anno II, n. 3, marzo 2011