Nel mio libro “Fede e Mercato: verso una via islamica al capitalismo?”, pubblicato nel giugno di quest’anno dal Mulino, ho analizzato il rapporto tra capitalismo e Islam. Ho esaminato in particolare tre temi: l’economia morale dell’Islam, la nascita e lo sviluppo di un sistema finanziario islamico e l’emergere di una borghesia islamista. Queste questioni mostrano, in modi diversi, la profonda interdipendenza tra economia e culture.
La globalizzazione e le società islamiche – Il processo di globalizzazione dei mercati ha avuto profondi effetti sulle società islamiche contemporanee, ma al tempo stesso le società islamiche hanno reagito a questi processi, trasformando le stesse pratiche economiche e generandone di nuove. Da quelle che ho chiamato le nozze mistiche tra forze produttive e forme simboliche sono scaturite la scienza nuova dell’economia islamica e le banche islamiche. L’incontro tra globalizzazione e mondi simbolici, in vario modo ispirati dall’Islam, ha dunque creato nuove culture.
Secondo molti, la globalizzazione sarebbe un rullo compressore che schiaccia le culture tradizionali, omologando il mondo a modelli occidentali. Sebbene sia indubitabile che la globalizzazione diffonde ovunque determinate pratiche economiche, e specialmente modelli di consumo, allo stesso tempo provoca la reazione dei mondi vitali della persone. In altre parole, si crea un rapporto dialettico tra economia e culture che dà origine a nuove pratiche economiche, a nuovi saperi, a nuove culture. La finanza islamica, l’Islamic fashion e la musica pop islamica sono alcuni esempi di queste contaminazioni tra mondi diversi. L’economia islamica, una disciplina che si propone di riformare l’economia capitalistica in base ai principi morali dell’Islam, è un'altra dimostrazione della dinamicità dell’incontro tra mondi diversi.
Un angoscioso dialogo – Il mio approccio non nega che questi incontri possano produrre tensioni, anche laceranti. La globalizzazione innesca infatti fenomeni di mercificazione degli esseri umani e dei loro mondi simbolici. Eppure, la mercificazione del sacro comporta anche la propria negazione dialettica, la sacralizzazione della merce. In questo angoscioso dialogo tra mercificazione e sacralizzazione, tra asservimento e liberazione, riscopriamo in fondo una delle radici del nostro essere moderni. Una modernità che, se da un lato valorizza in modo eccezionale l’individuo, dall’altro lo reifica. Il riconoscimento del sacro occultato nelle pratiche sociali ed economiche consente però, come ho argomentato nel libro, di riscoprire la persona come ente morale che non si arrende all’apparente morte del mondo delle merci.
Daniele Atzori
WeWrite, anno I, n. 9, ottobre 2010